La storia dell’informatica si avvale di numerose vette e vicoli ciechi. Come in ogni cosa l’uomo ha dapprima sperimentato e poi raffinato le sue conquiste.
Allo stesso modo i grandi calcolatori della storia fin dai tempi di Babbage con il suo calcolatore differenziale a vapore all’imponente Eniac a 18000 valvole, all’Univac al Mark I e II fino all
Colossus impiegato nei laboratori dell’idilliaca Bletckey Park dove l’introverso genio di Alan Turing ha decrittato i codici della macchina
Enigma dei tedeschi si sono via via evoluti dalle dimensioni di un campo da tennis a quelle di pochi centimetri.
In mezzo secolo a partire dagli anni 60, i computer hanno subito numerose trasformazioni ed hanno riempito i nostri spazi e le nostre vite. La nostra avventura ha luogo in una Cosenza contemporanea primaverile,
dove alcune di queste macchine scalfite dal tempo e dalla storia, hanno di nuovo preso vita…
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Abbiamo fatto un tour nei meandri del deposito del MIAI-MusIF di Cosenza, un luogo ricco di storia dell’informatica.
A guidarci, il referente scientifico Emiliano Russo e l’associazione Verde Binario-Freaknet che gentilmente ha concesso la realizzazione di questo mini-viaggio
“elettronico” nel crepuscolo di mezzo secolo del 900 di storia dell’informatica. A valle di una rampa a cerchio ci troviamo dinnanzi alla sede,
nascosta dai rumori della città, ma silenziosamente viva. All’ingresso l’impatto è sconvolgente. Chi non ha mai visto un computer degli anni 60,
potrebbe immaginare che si tratti di qualcosa simile ad una vecchia radio o un televisore, ma non è così.
Nella stanza principale l’attenzione è catturata da un mostruoso mainframe che occupa qualcosa come 100 metri quadri.
Il resto è attorniato da centinaia di pezzi storici, un commodore64 delle game-console storiche e scaffali zeppi di oscilloscopi, computer, tv, stampanti, e numerose altre diavolerie elettroniche…
Il GE-120
Il mostro in questione è un vecchio mainframe della serie GeneralElectric-100 – di casa Olivetti in seguito Honeywell Bull, in particolare il modello è un GE-120 del 1971 (evoluzione del GE-115, a sua volta evoluzione dell’ Olivetti ELEA 4-115), impiegato nella gestione dell’aeroporto di Zurigo.
Esso si presenta con uno stile vintage di colore “blu-indaco” che ricorda il mitico PDP-1 di spacewar.
Il team del museo interattivo di cosenza MIAI e dell’Ass, Verde Binario, dell’Ass Freaknet e del MusIF ha avviato un megaprogetto dapprima logistico e poi di restauro per riportarlo in vita,
in una lunga avventura appena iniziata…
Il sistema informatico si presenta come una multitudine di periferiche, ciascuna delle quali occupa lo spazio di un armario e pesa qualche quintale o piu.
In tutto vi sono all’incirca una dozzina di componenti, una telescrivente, un dispositivo per la lettura e la scrittura delle schede perforate, una stampante meccanica, un hard drive magnetico,
un hub centro nevralgico di diagnostca ecc. La tecnologia è nello stile dell’elettronica anni 60. Componenti ben visibili saldati su schede al silicio, grossi condensatori e resistori si apprezzano alla vista.
La polvere mostra i segni del tempo sul sistema, ci sono parti meccaniche notevoli e cablaggi ponderosi. Ma l’oggetto piu straordinario è certamente la cpu:
un armadio sommerso da una infinità di fili gialli e arancio intrecciati nei modi piu disparati!
Struttura del GE-120:
- Modulo Telescrivente
- Unità Perforatrice
- Alimentatore
- Unità Memoria di massa
- CPU
- Wing F Hub
- Unità Stampante
La “Computer-Music” di Pietro Grossi
Quando Pietro Grossi, celebre musicista e violoncellista venne a conoscenza della possibilità di far suonare ad un computer le partiture
musicali di Paganini questo pensiero lo perseguitò fino a che non ebbe contatti con la Olivetti e con il progettista esperto Ferruccio Zulian il quale ebbe l’idea singolare di collegare degli speaker in alcuni punti strategici della circuiteria di un GE-115 ed “estrarre” così l’informazione dei segnali interni e convertirli in suoni (quello che io chiamo “la musica dei computer”).
L’abilità di suonare uno spartito musicale (a parte tecnicismi), per un computer paradossalmente è un’operazione molto semplice non c’è tanta logica,
c’e’ solo da capire come trasformare uno spartito in qualcosa di “elettrico”. Nel 1964 tuttavia la cosa fu sconvolgente e lo stesso Pietro Grossi disse che
fu il momento piu straordinario della sua vita. Il difficile è invece comporre la musica, che richiederebbe grandi capacità algoritmiche
e creative che tutt’ora sono argomenti di ricerca in settori avanzati dell’intelligenza artificiale e del machine learning.
L’associazione Verde Binario ed il Museo Interattivo di Archeologia Informatica MIAI
L’associazione Verde Binario a Cosenza nasce da un gruppo di 5 ragazzi appassionati di scienza che, per gioco,
nel tempo hanno avviato progetti di restauro e recupero di componenti informatici di ogni genere con l’idea di studiarli e riportarli a nuova vita,
macchine dismesse vecchi computer, grandi sistemi, recupero dati e tantissime attività, corsi, meeting ecc. Il nome “verde” vuol suggerire:
“un richiamo all’ecologico” mentre binario: “all’informatica” – un connubio perfetto – un ponte tra natura e tecnologia. Il progetto si è esteso ed è nato così il Museo Interattivo di Archeologia Informatica (MIAI), che oggi è in stretta collaborazione con il Museo dell’Informatica Funzionante (MusIF) di Palazzolo Acreide in Sicilia. La stretta collaborazione ed amicizia ne ha fatto un unico museo dislocato ed il primo è un avamposto dell’altro.
Proprio all’interno del museo è nato un gruppo di ricerca in ambito musicale ed informatico, il LEM, ovvero: Laboratorio Elettroacustico del MIAI sulla sperimentazione della musica elettronica e della computer music.